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.AUTHOR "Alberico Elfano Borg"
.TITLE "La Morte dai Mille Tagli"
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inossi dagli Atti dell'A.P.E. (Associazione Psiono-Psichiatri Elfi), riuniti presso l'A.R.N.I.A. (Alta Rappresentanza dei Nolequendi Interplanari di Annwyn), vol. IX.
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Il soggetto A.H. preso in esame appare bloccato in uno stato di transizione a seguito del fallimento nel processo di resurgo. Sottoposta ad interrogazione, la sua coscienza residua ha rivelato frammenti di reminescenze relative alla sua precedente esistenza in una realtà parallela in stato corporeo illusorio.
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Ebbene sì, lo confesso: sono colpevole.
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Quel torrido giorno di primavera di oltre quindici anni fa, mentre ero diretto alla fermata dell'autobus, dopo la scuola, invece di incontrare quel mio amico avrei potuto fare molte, molte altre cose.
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Avrei potuto soddisfare il mio appetito al Pollo d'Oro, dove per due euro e mezzo avevo diritto a due pezzi di pizza da asporto più un Estathé in omaggio, ma mi sarei rovinato il pranzo che mi aspettava a casa, e poi chi lo diceva a mia madre che non avevo fame.
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Avrei potuto fare con calma e prendere la corsa successiva, ma quando abiti disperso per le colline di una Maremma selvaggia e maiala, sai che è già tanto che da te ci passi, la corriera.
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Avrei potuto anche salire ad un'altra fermata ma, in quanto macchina biologica, avrei tradito la legge del minimo sforzo, la quale invece imponeva proprio quello come il tragitto più breve dal punto A \(en il Bordello per l'Insoddisfazione della Libidine Intellettuale dei giovani liceali \(en al punto B \(en l'area di carico bestiame \(en e sarei così sceso nella scala evolutiva sotto le amebe delle muffe melmose, che a scegliere la strada più corta ci riescono benissimo pur senza avere neuroni.
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Avrei potuto fare molto per evitarlo, per evitare colui che, contro ogni aspettativa, proprio quel giorno aveva deciso di salire ad una fermata diversa dalla sua, cioè la mia; lui, l'Anomalia all'interno dell'Ordine della mia routine.
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Incontrare quel mio amico è stata la mia prima colpa.
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Ascoltarlo, è stata la seconda. E di cosa potevano mai parlare due nerd immersi nel loro universo nerd, se non di giochi nerd? Così io, che fino a quel momento avevo vissuto beatamente ignaro dell'esistenza dei MUD, lì, a quella fermata, sentii per la prima volta parlare di The Gate. Che mud poi fosse un nomen omen lo avrei scoperto solo in seguito, quando in quel pantano ci sarei affondato.
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Ma, come accade sovente, quando si cerca una cosa si finisce per trovarne un'altra. Fu così che inciampai in un frutto casuale delle mie ricerche, un RPG play-by-chat \(en Extremelot \(en e lì trascorsi un ragionevole lasso di tempo, prima che l'ingenuità virginale della mia giovinezza minorenne naufragasse miseramente sull'amaro scoglio dell'esperienza, facendomi arrivare tardivamente al senso di quell'extreme nel nome: la situazione diventò presto così surreale che alla fine il mio unico passatempo era diventato attendere immobile in una room e contare i tentativi di procacciamento sessuale promiscuo di cui ero vittima ogni sera \(en talvolta, una dozzina \(en e che avrebbero potuto soddisfare davvero qualsiasi libido.
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Ma ero troppo giovane, troppo asessuale, e troppo poco amante dei record per poter accettare le innumerevoli avanches di individui più che maturi i cui tentacoli, spesso e volentieri, tentavano di estendersi anche al di fuori del gioco.
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Non accettare quei trucidi accoppiamenti meta-virtuali, dimenticando temporaneamente l'esistenza di The Gate, è stata la mia terza colpa.
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Quella breve esperienza di role-playing online aveva però segnato un punto di non ritorno. Io, che fino ad allora conoscevo solo librogames e poco altro, avevo commesso l'errore di scoprire l'esistenza dei giochi testuali multiutente \(en oltre a quella dei maniaci \(en e quindi quale fosse la mia vera vocazione di ruolista.
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Fu allora che, dovendo trovare un altro passatempo più ludico e meno laido, quel suggerimento appreso alla fermata del bus e presto dimenticato alla fine tornò a galla. Tale dimenticanza, col senno di poi, doveva essere un disperato meccanismo subconscio di auto-difesa, che la noia e la curiosità avevano fatto saltare in un fuoco d'artificio. E così cedetti.
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Nonostante all'inizio fui completamente spiazzato da un gioco in cui sei tu a dover scrivere qualsiasi cosa faccia il tuo pg, intuii anche le immense potenzialità di quel tipo di programmazione ibrida che univa narrazione testuale, immagini ed interazione con oggetti virtuali.
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Giocare a The Gate è stata la mia quarta colpa.
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La quinta mia colpa è stata amare gli Elfi. E' forse inutile cercare un perché a quella che è solo, letteralmente, un'idiosincrasia dei Sankhara. Questa fu la ragione per cui finii, tra tutti i luoghi, proprio ad Eldaloth, il "Fiore degli Elfi". E lì feci amicizia con un altro player, il quale a sua volta ne conosceva un altro che, proprio in quel momento \(en oltre che spippare droga col narghilé ed andare in giro abbigliato come uno Hugh Hefner diversamente eterosessuale \(en stava sviluppando un MUD simile a quello in cui stavamo giocando. E non avrei avuto l'imbarazzo di dover scegliere dove stare, perché di lì a poco mi ritrovai in mezzo all'Apocalisse del server, dove nella devastazione finale venivo lasciato al mio destino da personaggi in fuga che salvavano stringendoli in seno non i beneamati figli in fasce, ma le ben più amate fascine di tabacco allucinogeno. The Gate chiudeva in grande stile, ed io ero l'unico a non saperlo.
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L'esodo verso la nuova terra promessa fu necessario, spontaneo ed immediato. Il gioco, purtroppo, già dall'alpha-testing si dimostrava meglio di quanto potessimo sperare... e meglio di qualunque altro. I ruolisti avevano trovato la loro Shambala.
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Ma la raffinatezza del BG e la complessità della programmazione si rivelarono una maledizione: abituarsi a qualcosa che non ha eguali rende impossibile apprezzare ciò che non può reggere il confronto; ossia tutto il resto.
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Sì, tra le mie colpe, quella di iscrivermi ad Isylea è stata la più imperdonabile.
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Ma poche pietre, per quanto greve sia la loro enormità, non fanno la dolente montagna dei miei peccati. Molte di più ne ho trasportate con gran pena su; troppe ne ho viste ricadere giù. Eppure a me paiono tutte la stessa pietra andare su e giù, come quella di Sisifo che, per quanto provi, non riesce mai a tenerla in cima.
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E poiché per le mie colpe non v'è remissione, la giusta condanna è un taglio per ogni colpa, fino al sopraggiungere della morte. Ed essendo tali colpe trichilionumerevoli, la mia sia pure Sha Qian Dao, la Morte dai Mille Tagli.
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La sentenza è stata scrupolosamente eseguita nell'arco di quindici anni.
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Le mie spoglie di ruolista ora riposano in una dimensione al di là dello spazio e del tempo, reclamate dal silenzio dell'oblio.
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La mia coscienza incorporea osserva i fenomeni di quella realtà virtuale in cui si è aggirata per tre lustri della sua vita materiale. Le mie visioni accarezzano ciò che era, si soffermano su ciò che è e svaniscono oltre quel che sarà...